Abbiamo avuto molti decenni di papato eccezionale, eppure il secolarismo è cresciuto, penetrando la coscienza anche di molti che si professano cristiani. Solo dove si instaura una comunione in Cristo primaria rispetto a tutte le altre relazioni sociali il secolarismo scompare. Purtroppo la maggior parte delle parrocchie riesce ad offrire solo una comunione secondaria, che non assimila la fede e il comandamento nuovo. Non è la catechesi che cambia la vita ma l’appartenenza. Occorre un kerigma che instauri la comunione carismatica, che non è tale se non è primaria. E questo senza escludere chi si accontenta di un po’ di religione.

Inoltre la nuova evangelizzazione deve attraversare il muro di una cultura dai contenuti stravolti. Si scopre che tutti hanno sempre e necessariamente un gruppo primario sociale, di tipo ideologico o di political correct, che li fa pensare secondo una dogmatica e una morale che determinano l’appartenenza. Per 400 anni cattolici e protestanti si sono combattuti, con la pretesa di convincere l’altro. Ne sono nate molte guerre cruente ma non certo la conversione per convincimento. Con l’ecumenismo abbiamo capito che occorre partire dal rispetto delle appartenenze altrui.  Oggi non ci capiamo con relativisti o scientisti. Bisognerà che tutti si convincano che si ragiona a partire dal proprio gruppo primario e che è possibile un dialogo civile e morale per una crescita di civiltà se si rispettano le appartenenze, con la possibilità per i cristiani, oltre al dialogo culturale, di testimoniare la propria fede.

Le realtà  carismatiche vincono la secolarizzazione. La parrocchia non deve imitare i movimenti, ma c’è da capire come vincere la secolarizzazione che si è infiltrata in tanti che si ritengono cristiani. Il problema è che tutti hanno un “gruppo primario” che detta legge al loro cuore e alla loro mente; se non è in chiesa è altrove e diventano refrattari a tutto ciò che si predica o si catechizza del Vangelo. L’appartenenza primaria porta a qualunque sacrificio, quella secondaria non vale quasi nulla. Occorre prendere coscienza di tre cose: che tutti hanno una appartenenza sociale primaria. Come favorire l’appartenenza primaria cristiana con afflato carismatico, di Pentecoste. E infine come gestire la pastorale di una comunione primaria in parrocchia.

Papa Francesco ha come programma quello di aprire la chiesa oltre le sue cerchie autoreferenziali e cercare ogni persona. Ma proprio questo richiede un amore che viene da Pentecoste: un legame, una comunione in Cristo fortissima (secondo il comandamento nuovo), che si apre a tutti. Non è annacquando il Vangelo che si arriva più in là, ma portando un amore nuovo ad ogni persona. Un nucleo di comunione primaria in parrocchia non è un gruppo chiuso, bensì propulsore.

Una grande ricerca nell’America latina ha messo in luce come le sette evangeliche siano in grande espansione, con diminuzione consistente della percentuale di cattolici. Sanno proporre una scelta primaria. L’unico modo di far fronte al loro proselitismo è quello di presentare una chiara e attraente scelta primaria del Vangelo in una comunione cattolica.

Questo libro è fondamentale per capire quanto espongo nel titolo “Il sogno“.