ABSTRACT

Nella Chiesa c’è il kerigma e la catechesi. La catechesi illustra i contenuti della fede e diventa anche predicazione, formazione, esortazione. Il kerigma è l’annuncio dell’evento salvifico: Gesù è risorto, Gesù è il Signore. I primi cristiani annunciavano con parresia (franchezza) il Kerigma e aggiungevano un po’ di catechesi. Nei secoli la Chiesa ha smesso di annunziare il kerigma per fare sempre catechesi. Ma di fatto pochi cristiani si imbattono con l’annunzio decisivo. Se dico ad un giovane come prepararsi all’esame di notaio, sto facendo una catechesi. Ma se vengo a sapere che ha passato l’esame e lo chiamo per dirglielo, questo è un annunzio che cambia la sua vita.

Papa Francesco nella Evangelii gaudium, n° 164 dice che sempre occorre far risuonare l’annunzio. Però in genere si riduce l’annunzio a dire che Gesù è risorto, Gesù ti ama, Gesù ti salva. Ma il vero kerigma dice anche che Gesù è il Signore e fa riferimento al Regno. L’annunzio di Gesù è il Regno. I primi cristiani insistevano su “Gesù è il Signore”, tanto che subito il nuovo credente si inseriva pienamente nella chiesa di Gerusalemme (tremila il giorno di Pentecoste).

Il kerigma deve essere coinvolgente in un cammino di santità in comunione primaria carismatica, altrimenti rimane sospeso nel vuoto. Il Regno ha come legge costituzionale il comandamento nuovo, e cioè un vincolo di carità operato dallo Spirito Santo a Pentecoste. Senza un coinvolgimento ecclesiale primario non c’è Regno. Il kerigma diventa: Gesù è risorto ed è vivo in mezzo a noi. Vuoi unirti a noi per camminare alla sua sequela? Se manca la proposta concreta che pone di fronte ad una scelta di vita, non è kerigma!

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Dopo aver scritto Nuova evangelizzazione e comunione primaria in parrocchia edito da Cantagalli, in più di un’occasione ho notato che molto facilmente i pastori pensano di sapere perfettamente di cosa si tratti. Tutti sono ben convinti dell’importanza di una fede vissuta in comunione profonda. Tutti sono convinti del comandamento nuovo. Ma ho notato come difficilmente si colgano i tre punti che indicavo come scopo di quel libro: capire che tutti vivono in una comunione sociale primaria, non certo in Cristo, ma decisiva per il modo di pensare e di agire, decisiva per cercare di dare un senso alla propria esistenza, e decisiva nel rendere il cuore impenetrabile ad un messaggio che metta in pericolo il loro senso di appartenenza. In conseguenza non si coglie l’importanza del secondo punto che consiste nel modo di formulare l’annuncio perché faccia transitare il cuore dall’appartenenza sociale o religiosa ad una comunione primaria carismatica, aperta al dono di Pentecoste. Infine, ignorati questi due punti, non si pone neppure il problema del terzo punto: come gestire una comunione primaria carismatica.

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