ABSTRACT

I primi cristiani mostravano un nuovo amore, un modo di stare insieme che catturava il cuore di molti pagani piuttosto mediocri nella loro vita. Ma nei nostri tempi una proposta micidiale comunista ne aveva conquistato moltissimi mentre i cristiani fanno fatica a mantenere le fila e se ci sono ancora parecchie conversioni molto è dovuto alle realtà carismatiche (a partire dagli ordini religiosi, movimenti o altre realtà). I gruppi di giovani del sabato sera sono primari e si sono diffusi fino a comprendere la grande maggioranza. Nascono continuamente sette di ogni tipo e catturano milioni di cuori. Dietro c’è un passaggio che in genere funziona da solo quando si danno certe circostanze, ma si può capire e rendere esplicito per riportare molti al cristianesimo primario.

Se dico ad un compagno che solo Gesù ci dà futuro è una esortazione che non cambia nessuno (magari alla lunga contribuisce ad una decisione in quel senso, ma solo se trova una cammino concreto); se invece, con un inizio di amicizia e facendolo affacciare ad un ambiente dove si cerca di vivere la fede, gli dico: “io ho capito che Gesù è il vero futuro pieno di speranza e di cielo per tutti, ma l’ho capito il giorno che mi sono deciso a seguire altri che vedevo diversi, attraenti, disponibili a giocarsi la vita per Gesù”, allora pongo il problema di una scelta cosciente e libera, un inizio di un viaggio nuovo. Troppi cristiani non hanno mai deciso di essere cristiani! “Gesù pensa anche a te; conta su di te, per darti il suo amore infinito, dalla Croce, e per chiederti una mano (e il cuore intero) per realizzare il suo regno. Da soli non si può. Vuoi unirti a noi? Oppure trova un cammino che ti ispiri, ma non teorico, con altri decisi a tutto (a metà non troverai nulla)”. Detto così cambia tutto. E la sorpresa è che il cuore sente subito la calamita che lo attira, soprattutto se il gruppo primario in cui di fatto si muove è diventato precario, mediocre, ripetitivo. Molto dipende da come si parla: solo con parole soprannaturali, indicanti un richiamo divino, senza alcuna spinta umana o psicologica.

Il Vangelo è bellissimo e anche facile (la buona novella! Il giogo soave e leggero!) solo se lo si vuole (come dono di grazia!) pienamente, senza sconti. Concretamente occorre richiamare le cinque condizioni per vivere di fede: vocazione sequela, cammino di santità, comunione primaria carismatica, mandato missionario. Poi si fa vedere che alcuni, ormai conosciuti dall’interessato, camminano uniti nel cuore. Nella Chiesa ci sono tanti cammini, tante navi nella flotta che naviga verso il mondo nuovo, ma occorre scegliere e imbarcarsi. Vuoi unirti a noi? In piena libertà, ma senza sconti. Il nostro cammino di santità comprende un incontro settimanale, uno al mese (può essere un ritiro di due ore circa), uno all’anno (un ritiro di tre giorni, per esempio) e alcune pratiche di pietà quotidiane (tra cui certamente un minimo di un quarto d’ora di orazione, perché l’orazione è il modo di pregare di chi crede nel Risorto, e parla con lui liberamente). Il tutto in piena unità, con docilità nella direzione spirituale personale o collettiva, e con responsabilità apostolica, secondo le caratteristiche del cammino scelto.

Se l’interessato aderisce è il caso di dargli un abbraccio e farlo sentire “della famiglia”. Poi occorre curare anche gli aspetti umani, festivi, di una comunione primaria.

Riporto un paragrafo del libro Nuova evangelizzazione e comunione primaria in parrocchia:

Come proporre il Vangelo

I primi cristiani mostravano un nuovo amore, un modo di stare insieme che catturava il cuore di molti pagani piuttosto mediocri nella loro vita. Ma nei nostri tempi una proposta micidiale comunista ne aveva conquistato moltissimi mentre i cristiani fanno fatica a mantenere le fila e se ci sono ancora parecchie conversioni molto è dovuto alle realtà carismatiche (a partire dagli ordini religiosi, movimenti o altre realtà). I gruppi di giovani del sabato sera sono primari e si sono diffusi fino a comprendere la grande maggioranza. Nascono continuamente sette di ogni tipo e catturano milioni di cuori. Dietro c’è un passaggio che in genere funziona da solo quando si danno certe circostanze, ma si può capire e rendere esplicito per riportare molti al cristianesimo primario.

Se dico ad un compagno che solo Gesù ci dà futuro è una esortazione che non cambia nessuno (magari alla lunga contribuisce ad una decisione in quel senso, ma solo se trova una cammino concreto); se invece, con un inizio di amicizia e facendolo affacciare ad un ambiente dove si cerca di vivere la fede, gli dico: “io ho capito che Gesù è il vero futuro pieno di speranza e di cielo per tutti, ma l’ho capito il giorno che mi sono deciso a seguire altri che vedevo diversi, attraenti, disponibili a giocarsi la vita per Gesù”, allora pongo il problema di una scelta cosciente e libera, un inizio di un viaggio nuovo. Troppi cristiani non hanno mai deciso di essere cristiani! “Gesù pensa anche a te; conta su di te, per darti il suo amore infinito, dalla Croce, e per chiederti una mano (e il cuore intero) per realizzare il suo regno. Da soli non si può. Vuoi unirti a noi? Oppure trova un cammino che ti ispiri, ma non teorico, con altri decisi a tutto (a metà non troverai nulla)”. Detto così cambia tutto. E la sorpresa è che il cuore sente subito la calamita che lo attira, soprattutto se il gruppo primario in cui di fatto si muove è diventato precario, mediocre, ripetitivo. Molto dipende da come si parla: solo con parole soprannaturali, indicanti un richiamo divino, senza alcuna spinta umana o psicologica. Quando un ragazzo si pone di fronte ad una possibile vocazione sacerdotale, chi lo aiuta mantiene sempre un distacco soprannaturale, senza alcuna forzatura. Ugualmente è per aiutare tanti a porsi di fronte alla dimensione vocazionale del battesimo.

Per molti sembrerà difficile proporre con semplicità laradicalità cristiana, ma si pensi a quanti si ritengono cristiani a posto pur non avendo quasi nulla del Vangelo. Con la chiarezza di ciò che fa entrare nel Vangelo molti accetteranno e altri verranno attirati anche se partono da una vita lontana dalla pratica cristiana.

La proposta di comunione primaria è un tutt’uno con l’aspetto vocazionale del battesimo. La fede cristiana è sempre vocazionale: Gesù ci chiama ad entrare nel suo Regno, a lavorare nella sua vigna, e ci invia al mondo a portare il Regno. Questo aspetto è rimasto del tutto trascurato nei secoli in cui è prevalso nettamente l’aspetto di religione per il popolo cristiano, lasciando la forza vocazionale unicamente legata ai tre voti o al sacerdozio. Il Concilio ha lavorato sul battesimo e sui caratteri battesimali, ma non è stato ancora ben recepito in questo senso. La radicalità vocazionale del battesimo è stata vissuta da tanti cristiani martiri o sotto persecuzione. Molto meno nelle contrade di antica tradizione cristiana. Si può pensare ai martiri di Otranto o a tanti fratelli nostri di Oriente, anche ai nostri giorni. Il Papa citava i cristiani giapponesi che hanno retto per 250 alla persecuzione che impediva la presenza del sacerdote. Le circostanze possono far emergere la scelta radicale della fede, ma sempre attraverso il santo orgoglio di appartenere alla Chiesa, sempre in comunione primaria nella compagine di Otranto o del Giappone. Un mezzo meno straordinario del martirio è il celibato non consacrato, scaturente direttamente dal battesimo e non dalla professione religiosa che “consacra”. Era molto presente nei primi cristiani, ma poi è scomparso nella sua forma non consacrata. San Josemaría Escrivá lo ha riportato nella vita dei comuni cristiani, senza consacrazione, in virtù del battesimo, visto che Gesù ha vissuto volontariamente il celibato e con Lui tanti dei primi cristiani. Un approfondimento in questo senso aiuterebbe non poco a capire la radicalità del battesimo per tutti, pur che lo si viva liberamente in una comunione primaria dove all’occorrenza possano vivere anche i celibi. Allora si potrebbe capire molto meglio il perché la Chiesa sceglie i suoi sacerdoti tra coloro che hanno il dono del celibato; ma non il celibato dei religiosi, che configura diversamente, orientando all’eternità, mentre il celibato non consacrato è per il Regno ma in quanto si incarna, con un amore tale che regge liberamente il dono e l’impegno del celibato in mezzo al mondo. I sacerdoti non sono chiamati a fare voto di castità. E la loro consacrazione non deriva da un voto o dal celibato, ma dal sacramento dell’ordine sacro. È facile constatare che la confusione su questo tema ha recato non poche difficoltà ai sacerdoti nel vivere il celibato. Il celibato infatti è un dono per l’interessato e per tutta la comunità, ma facilmente un giovane lo vede come condizione per diventare sacerdote, col rischio di non amarlo come dono1.

Proponendosi in questo modo si capisce la forza della parresia, che si esplica solo a partire da una comunione primaria carismatica, come succedeva agli apostoli dopo Pentecoste. Quando si predica si può commuovere, scuotere, esaltare, ma non è ancora parresia. Questa, la parresia, è franchezza di una proposta, che esalta la libertà in quando non si cerca di convincere nessuno, ma offre una scelta di vita, con un cambio reale ed immediato.

Oggi c’è il grande ostacolo della sessualità esercitata fuori dal matrimonio. Tanti ritrovi cattolici “secondari” glissano su questo tema, ma una scelta primaria cristiana non ha dubbi né tentennamenti sulla necessità della castità prematrimoniale. Cosa meravigliosa è constatare che l’attrazione di un gruppo primario che tocca il cuore è più forte delle sirene di questo mondo e molti di fronte all’esempio vissuto di coetanei cristiani si decidono anche alla castità prematrimoniale (quando non anche al celibato!). Certamente una scelta di Vangelo comprende anche una coerenza morale naturale quale la castità prematrimoniale, una maternità come dono gratuito2, una vita cioè impostata secondo i disegni divini e lontana dalle cadute secolaristiche. Ma non è con le esortazioni morali in tal senso che si otterrà un cambio di rotta, ma solo con una scelta primaria. Sacerdoti preposti alla cura del sacro, con poco slancio carismatico e nessuna comunione primaria nel comandamento nuovo hanno perso la speranza di una coerenza non secolaristica, magari diventando complici di una presunta libertà dei giovani che li lascia soli e senza vere fondamenta per innalzare la grande impresa del matrimonio e anche del celibato cattolico. Il cambio dipende da come una comunità cristiana possa proporsi con chiarezza e semplicità ad ogni persona con cui entra in contatto. Molti rimarranno chiusi nel loro gruppo primario sociale o anche religioso, ma molti più di quello che si possa pensare prima o poi si lasceranno attrarre dall’amore che si intravede tra coloro che seguono Cristo con tutto il cuore e si pongono per loro come un “dentro o fuori”, non di chiusura, ma di avventura. E l’avventura fa molto presa sui cuori. I gruppi primari ottengono qualunque sacrificio che sia necessario per avere immagine al loro interno, fino ai kamikaze, come abbiamo già fatto notare. E nella scelta radicale cristiana (l’unica vera scelta nella fede viva) regge la castità dei fidanzati, contro tutte le sirene di questo mondo3.

Nella parrocchia la testimonianza della bellezza della scelta cristiana si può dare solo se esistono fedeli uniti in modo primario carismatico. Troppi parroci pensano che rimanere aperti sempre a tutti voglia dire chiedere poco a ciascuno, oppure si accontentano di predicare dal pulpito le esigenze radicali del cristianesimo e aspettano che qualcuno le faccia proprie, ma le esortazioni non cambiano la realtà. Occorre una proposta personale chiara con un cammino da intraprendere. La parrocchia, a differenza dei religiosi e dei movimenti (che pur sono aperti al servizio di tutti, ma sono costituiti da persone che operano la scelta primaria), deve rimare aperta anche a chi non coglie la scelta primaria secondo il Vangelo, ma questo non vuol dire appiattire il Vangelo a misura di chi ne prende di meno. Vuol dire offrire tutto il servizio religioso a chi non vuole altro, ma anche offrire il comandamento nuovo a chi vuol seguire realmente Cristo. Per questo occorre che ci sia la proposta primaria, chiara ed esplicita, che si concreta anche in modo molto semplice: “giovedì alle 19 ci vediamo quelli che vogliono vivere secondo il Vangelo, senza sconti: tutti e solo quelli. Non ci sentiamo meglio degli altri, ma sappiamo che Gesù è venuto per i peccatori e non ci fermiamo per le nostre miserie, pur aiutandoci con la preghiera, la Parola, l’esempio reciproco e il verificare insieme col Vangelo ciò che ci trova di pareri diversi, privilegiando la comunione prima delle responsabilità istituzionali, la spinta evangelizzatrice insieme alla preghiera, ma prima ancora la gioia del comandamento nuovo. Non vale fare questioni personali, paragoni, lotte di potere per quanto in tono soft, invidie, gelosie, o che altro. Vale aspirare all’ultimo posto come più volte indica Gesù. Se senti il richiamo di Gesù vieni, così come sei, ma disposto a tutto, senza paura, perché Gesù è il nostro Salvatore e conta su di te. Molti hanno paura che a dare un dito Lui prenda la mano, ma è una visione di tipo “religioso”, di calcolo tra il sacrificio e il beneficio, con un Dio lontano. Gesù se gli dai un dito ti mette un anello, ma se gli dai la testa e il cuore ti mette una corona sulla testa e una collana al collo. Parlane con Gesù, mettiti in ascolto invocando lo Spirito Santo e poi decidi liberamente”.

Non vale provare, occorre scegliere. Più si è esigenti sul Vangelo e più i giovani vorranno aggregarsi. Non bisogna mai dimenticare che per il gruppo primario tutti sono pronti a grandi sacrifici, senza chiamarli così. Le esortazioni a seguire Cristo non approdano a nulla se non c’è una chiara indicazione di scelta di campo. Gesù ci propone sempre il suo Regno, che è legame primario, altrimenti diventa un bar per un sollievo passeggero, poco attraente4. Molte parrocchie promuovono gruppi del Vangelo, in genere con buoni risultati. Normalmente però non provengono da una scelta primaria, ma come aggiunta ad una vita impostata su altre sicurezze umane. Tuttavia, visto che nella pratica si cercherà di dare un nome a chi sceglie di vivere secondo il Vangelo, si può usare quello di “gruppi del Vangelo”, pur che siano impostati in modo primario e siano indicati come il cuore e la normalità della parrocchia.

Qualcuno potrebbe dire: ma la Gerarchia ha sempre pensato l’Azione Cattolica per quei laici che non si accontentano di un po’ di religione. Inoltre, dopo il Concilio, l’idea e la predicazione riguardo la necessità di comunione si è diffusa ovunque. Basterebbe domandarsi se l’Azione Cattolica crea legami primari e se il predicare la comunione con qualche tentativo pastorale porta ad una comunione primaria. Normalmente no! L’Azione Cattolica era primaria prima della fine della guerra, con meravigliosi frutti; ma poi si è diluita nel secondario dell’associazionismo laicale, ben diverso dai movimenti carismatici. Tutti ci auspichiamo che l’Azione Cattolica ritorni primaria, ma per questo occorre una proposta e una gestione di tipo primario. Inoltre l’Azione Cattolica riguarda laici organizzati, a servizio della Gerarchia. Quando nacque, il diritto canonico indicava la responsabilità della Chiesa unicamente nell’apporto della Gerarchia; i laici erano del tutto passivi. L’Azione Cattolica fu di grande importanza ad aprire la responsabilità ai laici, ma solo come “longa manus” della Gerarchia. Il Concilio ha fatto grandi passi avanti sulla responsabilità ecclesiale di ogni battezzato, anche in senso apostolico. Sarà sempre opportuna l’Azione Cattolica, ma occorre arrivare proprio al battesimo nella sua pienezza non clericale, non legata in modo istituzionale alla Gerarchia ma nella fede e comunione cattolica.

C’è da dire che i vescovi e i pastori in genere sanno che occorre fare comunità; sanno che l’istituzione è solo strumentale per la comunione, ma non si distingue la scelta primaria e tantissimi sforzi rimangono secondari, perché comunque un gruppo primario ce l’hanno tutti, ma fuori dalla Chiesa. Per esempio, dopo il Sinodo sulla Nuova evangelizzazione fu domandato a mons. Aguer: “Da dove riprendere?” La risposta fu chiara: “per la vita della Chiesa, dalle comunità cristiane. Queste comunità hanno vissuto intensamente lo spirito del Signore e quindi la diffusione del cristianesimo è stata naturale per loro. È questo il modo di recuperare la vita piena nella fede e l’appartenenza ecclesiale per la moltitudine dei battezzati: vivere come le comunità cristiane”. Si riferiva alle comunità dei primi cristiani ma anche si può pensare ai movimenti attuali. Tuttavia una risposta simile non cambia nulla, perché non si conosce il problema del gruppo primario e di come quasi tutti siano legati col cuore al di fuori da una comunità cristiana, anche se si ritengono buoni cristiani. Tutto è lasciato al sorgere non pensato di apostoli carismatici, mentre la maggior efficacia viene dalla chiarezza con cui si propone una scelta in un gruppo primario cristiano carismatico. Pur non essendo ancora kerigma, la teologia e la catechesi hanno una loro importanza. Penetrare in modo psicologico, sociologico e teologico l’appartenenza primaria, il “cuore”, può essere importante per stimolare i pastori e i cristiani tutti a porsi il problema di dove sta il proprio cuore e quello dei fedeli; ma solo la realtà di comunità primarie e la chiarezza della proposta battesimale potrà operare realmente nella pastorale della Chiesa.

Poi occorrerà capire la complessità di ogni gruppo primario. Non basta appartenere ad una comunità primaria per essere santi, come lo si può vedere in tutta la storia dei religiosi, che sono senz’altro “primari”. Per una comunione adatta a tutti, nel mondo, come dovrebbe darsi nelle parrocchie, occorre gestire la complessità con il Vangelo. Wojtyla, da vescovo si riuniva con i suoi collaboratori per il governo della diocesi; prima di affrontare un problema cercavano una pagina della Scrittura che potesse illuminarlo. Non c’è da meravigliarsi che nascano conflittualità; Adamo ed Eva litigarono, i loro figli si ammazzarono, gli apostoli litigavano pur vivendo accanto a Gesù. Dopo Pentecoste cambiò la loro mentalità riguardo al potere, ma qualche diatriba rimaneva, documentata dagli Atti degli apostoli. Però occorre riportare tutto al Vangelo: chi divide è il demonio, lo Spirito unisce, pertanto chi si innervosisce o si arrabbia, per non dire di maldicenze o accuse, fa sempre la parte del demonio, anche se si innervosisce per responsabilità pastorali. Il demonio ama usare la responsabilità per togliere la carità, come illustro nel libro Saper di Amore. Anche la verità o la giustizia sono spesso appoggio al demonio per togliere carità.

Ci vorrà sempre chi dirige, in nome del Vescovo, ma a servizio dei fratelli. Evidentemente sorgeranno conflittualità anche tra i cristiani che accettano questa proposta. Col vangelo e con qualche persona serena ed equilibrata si potranno risolvere quasi tutte, ma non tutte. Dato che la comunione primaria è con coloro che camminano insieme anche in una parrocchia, ma si innesta in una comunione primaria diocesana e poi con la Chiesa universale, a livello diocesano ci dovrà essere chi possa intervenire, a nome del vescovo quando non sia il vescovo stesso, come tribunale di appello. Si ascolterà sempre tutti, fino al punto che ognuno si senta capito (che non vuol dire approvato), senza frette e nervosismi di pastori che già sanno molto e pensano che si perda tempo ad ascoltare tutti. Si ascolta anche se si sentono cose inopportune, pur che giunti ad una decisione attraverso i canali previsti tutti sposino la decisione, ad iniziare da coloro che pensavano diversamente; la Chiesa è così: ognuno può esprimersi liberamente negli ambiti dovuti, ma poi ciascuno aderisce con tutto il cuore alle decisioni, perché l’amore nella storia diventa obbedienza, unione nelle decisioni, obbedienza in Cristo. L’umiltà dovrà essere sempre il fondamento, sapendo che in ogni gruppo primario, anche carismatico, ognuno è portato a dare un gran peso a quelle prestazioni che danno immagine nel gruppo. Con una fede ancora piccola è facile giudicare tutto dal proprio punto di vista. Quello che sembra una montagna per qualcuno ad altri potrà sembrare un sassolino. Un po’ come nelle famiglie: per la moglie mezz’ora di ritardo del marito è una ferita, un mondo che le cade addosso: pensa solo al suo lavoro, non ha il cuore in casa, non mi ama! Per il marito è un sassolino, perché la montagna è il cliente, pur visto in funzione della propria famiglia. Nella vita spirituale facilmente la fede è vissuta in modo immaturo, in attesa di dipendere col cuore da Cristo e non dall’immagine davanti agli altri. Sapendo questo sarà più facile ridimensionare i problemi, sia da parte dei responsabili che per ciascuno.

Non si parla di politica ma ciascuno deve sentirsi responsabile sulla base della metafisica e della legge naturale. Significativa, in questo senso, è la storia dell’Azione Cattolica in Italia: prima era primaria e ha svolto un compito formidabile. Con la vittoria nelle elezioni del 1948, dovute in gran parte alla spinta dell’Azione Cattolica, sia per le persone espresse che per il sostegno popolare, ha avuto una deriva clericale notevolissima, con perdita di fatto del vincolo primario in Cristo, se non nella formalità dei documenti ufficiali e certamente nel cuore di molti appartenenti. Quando il collateralismo mostrò i suoi limiti clericali ci fu la grande svolta della “scelta religiosa”, che purtroppo avvenne su basi antimetafisiche ormai imperanti tra i teologi italiani, con totale indebolimento dell’azione dei cattolici nella società civile. La scelta religiosa andava molto bene se fosse stata portata avanti con una formazione civile basata sulla legge naturale. Poi con la bioetica si è cercato di richiamare ai “valori irrinunciabili”, considerati dai non cattolici come valori imposti dalla Chiesa, proprio per mancanza di senso metafisico dei cristiani. Infatti allo spiritualismo della scelta religiosa si sono opposte istanze confessionalistiche, specie nella prima Comunione e liberazione, senza mai ritrovare quella forza di azione civile che aveva scatenato Maritain prima della guerra col sorgere della Democrazia Cristiana in tanti paesi. C’erano pecche in Maritain, avendo scelto la morale e non la religiosità naturale come cuore dell’azione storica; ma bastava correggerle, mentre fu letto in Italia su basi antimetafisiche, ben lontane dal vero Maritain, come lui stesso ebbe a precisare ai tempi del Concilio. Senza un forte senso metafisico, di morale naturale, si è aperta la strada al secolarismo: la fede in Chiesa e la politica secondo opportunismo sociale, come ancora sostenuto da tanti cattolici “democratici”.

Comunque nella pastorale interna alle comunità cattoliche primarie l’importante è l’unità in Cristo, non compatibile con scelte confessionali di tipo politico. Il politico deve esser portato avanti da ciascuno nelle sedi secolari in piena autonomia dalla comunione ecclesiale. E si deve imparare a rispettarsi profondamente pur nella diversità di scelte politiche e partitiche, pur che non siano condannate dalla Chiesa.

In questo breve lavoro, dedicato a porre un problema di fondo della nuova evangelizzazione, non c’è spazio per prendere in considerazione i vari aspetti della pastorale di una comunità carismatica primaria (Che prendo in considerazione seppur brevemente nel libro Comunione carismatica in parrocchia). L’attenzione concreta elaborerà in ogni diocesi i modi, i momenti spirituali, lo stile di governo, la propulsione apostolica, ecc., che occorre armonizzare per una vita reale, ricca di umanità e di fede, di gioia e di spinta apostolica. Ciò che è decisivo è capire la profondità del condizionamento primario in tutti e come proporre una scelta primaria di fede viva. Nel camminare ci saranno stanchezze, abbandoni e incomprensioni, ma in un cammino coerente col Vangelo. Nel Libro Saper di Amore prendo in considerazione le notti oscure dei sensi, che portano a sentirsi estromessi dalla propria comunità, con incomprensioni che addolorano profondamente. Spesso portano alla diserzione, ma Dio le permette per purificare l’appartenenza primaria, che per il fatto di essere in un cammino cristiano non vuol dire che sia già cammino di santità. Un po’ di crisi deve servire per desiderare con tutto il cuore la conversione a Cristo, in modo che ci valga più del consenso umano in un gruppo primario. Molti santi hanno sperimentato questa notte, vero passaggio per loro alla vita in Cristo.

1 Ancor oggi regna notevole confusione su tutto ciò. Appena un laico sceglie il celibato in un movimento che lo comprende si parla subito di laici consacrati. Naturalmente ogni cammino ha la sua configurazione e vanno benissimo i laici consacrati, ma il futuro della Chiesa passerà anche dallo scoprire bene il celibato non consacrato, come forza di amore radicale legato al battesimo e pertanto a tutti i battezzati, anche sposati.

2 La maternità vera è dono gratuito della vita e ciò si verifica solo se una madre desidera più di due figli. Fino a due ci si arriva anche in modo autoreferenziale, perché non riuscire ad aver figli diventa triste per molte coppie sterili. Naturalmente non si deve giudicare dall’esterno e neppure strettamente dai numeri, perché ci sono molti problemi oggettivi che impediscono di aver figli. L’importante è il cuore dei genitori, se sono aperti al dono e in modo gratuito, altrimenti la vita viene condizionata. La vera maternità rende sacra la vita: ti ho donato la vita ed è tutta tua, insindacabile da nessuno! La maternità autoreferenziale è uno dei portati più perniciosi della cultura imperante, con tutto il suo apparto anticoncezionale. Al vivere la fede in una comunione primaria uno dei primi frutti è proprio la famiglia più numerosa di quanto proposto dal modello political correct.

3 La Chiesa non teme i peccati, li assolve. Ma occorre la coscienza del peccato, del disamore, altrimenti si è di fronte ad un’altra civiltà, un’altra concezione dell’uomo, del senso della vita, del matrimonio, della felicità. I giovani possono avere sorprese e debolezze, fragilità e peccati, ma se ben accompagnati anche attraverso il peccato possono scoprire la misericordia e diventare capaci di amare.

4 Quando cadde il muro di Berlino, Giovanni Paolo II indisse subito un sinodo straordinario per l’Europa. Chiamò anche quattro giovani che erano stati a Częstochowa per la Giornata mondiale della gioventù. Voleva che i giovani chiedessero ai Pastori cosa volevano per vivere da cristiani. Una ragazza portoghese dichiarò che lei aveva scoperto la libertà nella Chiesa Cattolica¸ prima la cercava come tanti giovani, ma poi ha capito che solo in Cristo e nell’obbedienza alla sua Chiesa si sentiva pienamente libera. Per questo, concludeva, noi chiediamo ai nostri pastori che ci diano Cristo intero. Non un Cristo a metà, come spesso elaborato dagli uffici diocesani di pastorale giovanile, per timore di perdere i giovani, ma un Cristo intero. Con i programmi a metà lì per lì si parte con entusiasmo, ma dopo un anno siamo stufi. Certamente un segno chiaro di partenza vera viene anche dalla coerenza morale riguardo l’amore umano. Una scelta primaria supera ogni ostacolo.