Gerusalemme, estate 2015.

Ti scrivo dalla Terra Santa, pieno di commozione e di forti esperienze spirituali. La visita ai luoghi santi della nostra fede permette un contatto umano, anche fisico, materiale, con la storia di Gesù, che per noi è storia salvifica, che si rinnova per ciascuno. Come descrivere la devozione e la commozione di una celebrazione eucaristica nel Santo Sepolcro, sulla lastra della tomba su cui fu deposto Gesù? Là nel sepolcro penso al luogo dove si è operato il passaggio pasquale, il mistero pasquale! Morte e Vita nello stesso momento. E tutto per me! Adesso! Poter mettere la testa sulla tomba di Gesù! Sulla pietra in cui è stato adagiato morto e averlo accanto vivo! Ma anche una messa sul Calvario, al Cenacolo o a Betlemme, nella grotta della Natività, come descriverle? Basti pensare al Cenacolo, il nel luogo che ha visto l’istituzione dell’Eucarestia, la lavanda dei piedi, i discorsi dell’ultima cena narrata da Giovanni, Gesù risorto che appare agli apostoli, e poi anche a Tommaso; i dieci giorni dopo l’Ascensione; e la Pentecoste, il grande giorno in cui nasce la Chiesa con l’unione dei cuori in un vincolo superiore che può superare ogni chiusura settaria, ogni divisione di popoli e religione, ogni guerra e discordia. Lì rimasero gli apostoli e Maria per vario tempo dopo la Pentecoste. C’è da pregare per ore.
Le celebrazioni in questi luoghi, ripeto, sono stati senz’altro i momenti più sublimi, dove ci si sente in comunione con tutti e si prega per una lunga lista di nomi, ricordati ad uno ad uno, tra cui anche tu; è questo uno degli aspetti che più mi ha colpito: sentirmi molto più unito a tutti voi.
Andando alla Piscina Probatica (che tra l’altro è un luogo sorprendente per tutti gli strati architettonici che si sono seguiti nella storia di Gerusalemme) è facile ricordarsi di tutte le persone ammalate fisicamente. Andando a Cafarnao, nella Casa di Pietro, dove Gesù ha vissuto per un lungo tempo, pensandolo con gli apostoli, è facile pensare all’unità intorno a Gesù che noi dobbiamo avere, con affetto e disponibilità reciproca. Andando a Cana ho potuto pregare per tante famiglie, sane o ammalate, e per coloro che non trovano ancora un/a fidanzato/a. Andando a Betlemme ho pregato per chi non riesce ad aver figli, oltre a tante altre intenzioni. E così via. I due posti sul lago delle pesche miracolose mi hanno fatto sognare orizzonti apostolici per tutti, e ce n’è un urgente bisogno, visto che l’ignoranza della fede e della sua bellezza è sconosciuta proprio da chi crede di saper bene cos’è il cristianesimo.
Qui a Gerusalemme si tocca con mano la divisione dei cuori; l’ignoranza di quell’amore che Gesù ha portato sulla terra, per unire tutti senza più discordie, guerre, indifferenze. Qui invece musulmani ed ebrei sono ancora chiusi in ben altre categorie religiose: non si salutano, si dividono in quartieri ben distinti. Tra i cristiani c’è la stupenda testimonianza dei francescani, con il lavoro meraviglioso che compiono da secoli per salvaguardare i luoghi santi e custodirli con dignità e decoro. Gli altri cristiani sono un po’ più chiusi e anche un po’ trascurati materialmente. C’è bisogno di carità, c’è bisogno di arrivare al primato della persona sulle categorie, al primato dell’unità nel rispetto di tutte le distinzioni. Ma è un tema troppo grosso per continuarlo qui.
La cosa importante qui è far parlare le pietre e gli occhi che vedono quello che ha visto Gesù. Tanti posti sono incerti, ma alcuni sono proprio quelli del tempo di Gesù, ad incominciare dal Calvario e dal Sepolcro. Ma anche il Monte degli Ulivi, con una chiesa che conserva una grande lastra di pietra su cui Gesù ha sudato sangue. Ho potuto celebrare la santa messa proprio davanti alla pietra, pensando a quel momento dell’agonia di Gesù, in cui si è conquistata la salvezza per tutti noi, quasi più che sulla Croce, patendo l’indicibile nel suo cuore: l’anima mia è triste fino alla morte; Padre se puoi allontana da me questo calice, ma non sia fatta la mia ma la tua volontà. In quel momento pativa non tanto per la sofferenza fisica cui sarebbe stato sottoposto (i martiri muoiono cantando), ma perché quella morte avrebbe decretato la scomunica divina nei suoi confronti davanti al suo popolo. E’ questo ciò che il nostro cuore non può sopportare. Per capirlo bene non posso far altro che rimandare al capitolo sull’Ascensione, nel libro “Liberare l’Amore”, dove si cerca di spiegare il vero passaggio pasquale dal peccato alla Vita nuova.
E’ una grande grazia poter stare più di venti giorni in questi posti, con il tempo di visitarli quasi tutti e di tornare a meditare, con calma.
Prego per te e ti auguro un’estate serena, ricca spiritualmente e umanamente.

Un saluto carissimo,

don Ugo